Quando pensiamo al Natale, pensiamo molto spesso all’albero, a Babbo Natale, alle luci e alle enormi tavolate in famiglia fatte di risate e litigi (sì, accade anche questo, ammettiamolo pacificamente!).
Ma nel Medioevo, il Natale com’era vissuto?
Partiamo col dire che le festività natalizie non iniziavano dall’8 dicembre come oggi, ma cominciavano il 25 dicembre e terminavano il giorno dell’Epifania. Duravano dodici giorni e culminavano proprio nella Twelfth Night, la Notte dei Re. È in questo contesto che nasce e si diffonde, in Inghilterra, la tradizione della King Cake.

La King Cake era un dolce semplice ma carico di significato simbolico. Non aveva ancora la ricchezza burrosa o decorativa delle versioni moderne: era spesso un pane dolce o una torta rustica, arricchita con spezie, frutta secca o miele, ingredienti preziosi e festivi. Al suo interno veniva nascosto un oggetto, inizialmente una fava secca, più tardi una moneta o un piccolo simbolo, che trasformava il momento del taglio in un rito.
Chi trovava la fava diventava il “Re del Giorno” (e la Regina). Per ventiquattr’ore poteva comandare, scegliere i giochi, imporre penitenze scherzose, ribaltare le gerarchie. Un servo poteva diventare re, un giovane apprendista poteva dare ordini al suo padrone. Era un gioco, certo, ma anche qualcosa di più profondo: una valvola sociale, un modo rituale per esorcizzare il potere, ricordando che ogni autorità è temporanea e che il mondo, almeno per una notte, può essere rovesciato senza spezzarsi.
Questa tradizione aveva radici antiche, che affondavano nelle feste romane dei Saturnalia, ma nel Medioevo venne riplasmata in chiave cristiana. Il “re” della torta non era solo una figura burlesca: evocava anche i Re Magi e l’idea che il divino potesse manifestarsi attraverso l’umiltà, il caso, l’imprevisto.
La King Cake diventava così un oggetto di confine: tra sacro e profano, tra ordine e caos, tra serietà e gioco. Non era un semplice dolce natalizio, ma un piccolo teatro simbolico in cui si metteva in scena una verità medievale profondissima: il mondo è instabile, il potere passa di mano e persino il re, quello vero, è in fondo, un uomo destinato a perdere la corona.
Pare che i rumors secondo cui Riccardo III volesse sposare sua nipote Elisabetta di York siano nati proprio a causa di una King Cake. Si dice che, durante quella celebrazione, Riccardo pescò una fava (e rimase re, quindi), mentre Elisabetta pescò l’altra e divenne regina per un giorno. Questo stimolò la fervida fantasia dei chierici presenti che, storcendo il naso, diedero per scontato che il re volesse sposare la giovane Elisabetta. Ma la realtà è ben diversa: se anche quel giorno i due si divertirono secondo consuetudine, è altrettanto vero che la situazione reale era ben altra. Riccardo si trovava infatti a dover fronteggiare una guerra ormai alle porte e una situazione familiare a dir poco disastrosa.
Questa tradizione era molto apprezzata e forse è anche per questo che ha resistito nei secoli. Perché sotto lo zucchero e le spezie custodisce un’idea antica e scomoda: che ogni regno è provvisorio e che il Natale, più di ogni altro momento, ci ricorda quanto fragile e preziosa sia l’illusione dell’ordine

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