“Tradimento! Tradimento!”
Furono queste le ultime parole di Riccardo III sul campo di battaglia di Bosworth, poco prima che un colpo alle spalle lo trafisse, mettendo fine alla sua vita a soli 32 anni.
In queste settimane non ho postato niente, volontariamente, perché la mia mente è fissa su un evento ben radicato nel tempo e nelle pagine della storia.
La battaglia di Bosworth si tenne il 22 agosto 1485 e decretò la fine, sul campo di battaglia, di re Riccardo III e la fine del Medioevo inglese.
Da quella data in poi, la stirpe dei Tudor governò per circa un secolo ed ebbe inizio il Rinascimento inglese.
Erano le 10 del mattino quando tutto finì: Riccardo giaceva morto a terra, ed Enrico Tudor si pose la corona, sporca di sangue, sulla testa.
Ma facciamo un passo indietro.
Pare che la notte tra il 21 e il 22 agosto Riccardo non dormì molto. La propaganda tudoriana sostiene che fosse a causa dei suoi innumerevoli demoni e peccati, ma la realtà dei fatti è che un uomo che si prepara a combattere è perfettamente consapevole del fatto che potrebbe andare incontro alla morte… Chi dormirebbe sereno?
L’esercito reale, probabilmente, era stanziato attorno a Sutton Cheney. Nello stesso tempo, Enrico Tudor si trovava a Merevale e qui avrebbe avuto una riunione segreta con William Stanley prima dell’alba. (I traditori, prima di tradire, si parlano e cercano il modo migliore per farlo. Nulla è lasciato al caso.)
Riccardo si svegliò all’alba, erano circa le 6 del mattino, e probabilmente fu celebrata una messa nel campo, in una tenda, utilizzando un altare portatile. (La famosa Croce di Bosworth, conservata alla Society of Antiquaries di Londra, ne è la prova.)
Ci furono dei ritardi nella celebrazione della messa, ma questa avvenne intorno alle 6:40. Riccardo, con tutta probabilità, indossava una pianeta rossa per la commemorazione dei martiri.
Poi, intorno alle 7:10, la messa finì e il re fece una colazione leggera, fatta di pane e vino, come era solito all’epoca, mentre gli scudieri iniziavano ad aiutarlo a indossare l’armatura.
Tra le 7:30 e le 7:40, i cappellani smontarono l’altare e prepararono il Crocifisso di Bosworth come croce processionale per la marcia. Riccardo indossò una corona aperta dorata sul casco e uscì dalla tenda per benedire le truppe.
Dieci minuti prima delle 8, l’esercito reale prese posizione su una bassa altura a nord-ovest di Crown Hill, e alle 8 le truppe di Enrico Tudor iniziarono ad avanzare, aggirando le zone paludose.
Intorno alle 8:30, Riccardo vide Enrico sul campo e decise di caricare personalmente per ucciderlo, in un’azione rapida e rischiosa.
Molti hanno visto in questo un gesto estremo, dovuto a depressione o a una febbre che lo avrebbe colpito pochi giorni prima della battaglia. In realtà, il suo comportamento era perfettamente in linea con i gesti cavallereschi dell’epoca. Pare che Riccardo avesse scelto di sfidare a duello Enrico Tudor per evitare spargimenti di sangue, ma fu letteralmente attirato in una trappola.
Caricò da solo, a cavallo, e in un solo gesto abbatté sir William Brandon, il portastendardo di Tudor, facendo cadere lo stendardo nemico. Enrico si trovava protetto dietro di esso e, quando Riccardo fu a pochi passi da lui, pronto a colpirlo e mettere fine alla battaglia, i mercenari stranieri di Tudor formarono una difesa a quadrato di picchieri, proteggendolo e bloccando l’avanzata della cavalleria reale.
A quel punto, Lord Stanley intervenne a favore di Enrico, tradendo il suo re e attaccando di fianco Riccardo. Il cavallo del re fu ucciso e lui cadde, perdendo l’elmo. Ricevette colpi alla testa; l’ultimo, di spalle, lo colpì alla nuca non protetta e fu fatale.
“Tradimento! Tradimento!” furono le sue ultime parole, e alle 10 in punto del 22 agosto 1485 la battaglia era terminata. L’esercito reale, rimasto senza comando, si disperse. Riccardo III aveva solo 32 anni ed aveva regnato per poco più di due anni.
Secondo Polidoro Virgilio, che era al servizio della propaganda tudoriana, Riccardo morì “combattendo virilmente nel più fitto dei suoi nemici”… e su questo, neppure i suoi detrattori possono dire nulla.
Quello che avvenne dopo è storia. Storia che i Tudor hanno provato a rimuovere, ma che è tornata con forza grazie alla scoperta dello scheletro di Riccardo.
Enrico Tudor si fece incoronare sul campo, tra i cadaveri dei soldati e quello del re, indossando la corona che Riccardo aveva portato sul suo elmo. Iniziò così il suo regno, indossando una corona non sua, intrisa del sangue altrui.
Il corpo massacrato di Riccardo fu recuperato tra i corpi sul campo, spogliato completamente nudo e riversato, a pancia in giù, su un cavallo. Durante il trasporto, continuarono a infierire su di lui, colpendolo ripetutamente sulla schiena e sul fondoschiena, e così fece il suo ingresso a Leicester, tra gli occhi inorriditi degli abitanti.
Il corpo nudo fu esposto per due giorni a Newark e solo dopo, sotto pressione dei frati grigi, venne sepolto velocemente e senza onori il 25 agosto 1485.
Riccardo ha riposato per oltre cinque secoli in una fossa troppo piccola per lui, senza abiti e senza una bara. Nella nuda terra che lo ha custodito come una madre custodisce un figlio tra le sue braccia, e così ce lo ha restituito.
Il 25 agosto 2012, esattamente cinque secoli dopo la sua sepoltura, Riccardo è tornato alla luce: il suo scheletro è stato rinvenuto in un parcheggio privato di Leicester, dove una volta sorgeva il monastero dei frati grigi. Lì è rimasto intatto allo scorrere del tempo, sopravvivendo a secoli di costruzioni, demolizioni e alla distruzione delle chiese dopo la scissione di Enrico VIII.
Ha resistito per cinque secoli affinché vedessimo tutti cosa gli era stato fatto.
Lo scheletro di Riccardo ci ha restituito il corpo di un uomo letteralmente massacrato dai nemici: colpito ripetutamente, soprattutto di spalle e di lato, accerchiato e finito con un colpo alla testa proveniente da dietro, che gli staccò parte del cranio esponendo il cervello. Ma Tudor, non contento, permise che il corpo venisse deturpato anche dopo la morte.
Lo spogliò, infierì su di lui, lo fece viaggiare nudo fino a Leicester e lo mostrò così, privato non solo della vita, ma anche della dignità.
Lo fece seppellire in una fossa misera, e infangò la sua memoria, costruendo il mostro utile a giustificare la conquista di un trono che non gli apparteneva.
Enrico Tudor aveva una pretesa al trono debole, bastarda sia da parte di madre che da parte di padre. Fu figlio di una serie di eventi fortunati per lui e disastrosi per Riccardo.
Il suo odio verso la casa di York non cessò con l’assassinio di Riccardo, ma è continuato nei secoli.
Si accertò che tutto ciò che di buono Riccardo avesse fatto fosse distrutto, e che venisse ricordato come un usurpatore, un assassino, un infanticida, brutto e deforme.
Distrusse documenti e memoria, ma non riuscì a distruggere lui. Dopo cinque secoli, Riccardo è uscito dalla sua tomba per pretendere giustizia.
Oggi sappiamo bene cosa fece Tudor: strappò letteralmente la corona dalla testa di Riccardo e lavorò duramente per annientarne la memoria. Ma non ci è riuscito.
Riccardo sta tornando alla luce per quello che realmente è stato: un uomo, un cavaliere, un re che ha abbracciato il proprio destino fino alla fine, con coraggio, malgrado la vita e i traditori gli remassero contro.
Quello che fece Enrico Tudor non fu giustizia. Fu rubare, uccidere e deturpare, corpi e memoria.
È ora che i libri raccontino la verità. È ora di dire che il Riccardo III di Shakespeare è un’opera di finzione, finanziata dalla propaganda. È ora che le scuole insegnino la vera storia, smettendo di prestare il fianco alle menzogne.
È ora che tutti sappiano chi era re Riccardo III e cosa rappresenta davvero il 22 agosto 1485.
Ora, sempre e per sempre, Loyaulte me lie.
Elisabetta

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