Chi ha paura della verità? Il re e i bambini scomparsi.

Per secoli è stato insegnato che Riccardo III, ultimo re della casa di York, fu l’assassino dei suoi nipoti. Due bambini, Edoardo e Riccardo, chiusi nella Torre di Londra nel 1483 e mai più visti. “Scomparsi”, si disse… ma nei libri di storia è sempre stata chiara l’accusa: uccisi dallo zio per il trono.

Ok, ed ora voi direte “e quale è il problema?”
Il problema è che Riccardo III è stato accusato di aver ucciso i suoi nipoti, accusato di infanticidio, il crimine peggiore che possa mai esistere, senza mai avere in mano NESSUNA PROVA.
Nessuna. Mai.

Eppure, un’urna a Westminster contenente dei resti umani e animali mai davvero identificati recita:
«Qui giacciono le reliquie di Edoardo V, Re d’Inghilterra, e di Riccardo, Duca di York.
Questi fratelli, essendo stati confinati nella Torre di Londra, e lì soffocati con dei cuscini, furono sepolti in modo segreto e indegno, per ordine del loro perfido zio Riccardo l’Usurpatore; le cui ossa, a lungo cercate e desiderate, furono, dopo 191 anni, ritrovate tra le macerie della scala (quella che conduceva alla Cappella della Torre Bianca), il 17 luglio 1674, con prove indiscutibili che confermavano la scoperta, poiché sepolti profondamente in quel luogo.

Carlo II, principe di grande compassione, impietosito dal loro triste destino, ordinò che questi sventurati Principi fossero deposti tra i monumenti dei loro predecessori, nel 1678, trentesimo anno del suo regno.»

Questa urna ancora oggi è visibile e… ancora oggi Riccardo è indicato come il colpevole (oltre che come usurpatore!) senza alcuna prova, senza un solo foglietto stropicciato, senza una testimonianza diretta, senza un documento, senza neanche una frase ipotetica che possa davvero far pensare che sia stato lui a uccidere quei bambini per la corona.

La ricercatrice indipendente Philippa Langley, già nota per aver ritrovato i resti di Riccardo III nel 2012, ha dedicato anni al Missing Princes Project. Un’indagine condotta con metodo investigativo moderno, attraverso documenti d’archivio, analisi forensi, fonti diplomatiche e testimonianze coeve.

Nel suo libro The Princes in the Tower. How History’s Greatest Cold Case Was Solved e nel documentario andato in onda su Channel 4 nel 2023, Philippa Langley porta alla luce una rete di indizi coerenti che suggeriscono la sopravvivenza dei due principi.
Non una teoria: un’ipotesi fondata su materiale concreto

Ho avuto il piacere e l’onore di incontrare Philippa Langley di persona nel 2015, durante le riprese del mio documentario su Riccardo III ( un lavoro che ha avuto una vita difficile, se non impossibile, a causa delle produzioni italiane, spesso incapaci di investire su progetti indipendenti, preferendo i soliti nomi noti ai giovani autori) e in lei ho sempre trovato una passione che raramente ho visto in altri ricercatori. Perché va detto: esiste una differenza enorme tra fare lo storico o il ricercatore, ed esserlo davvero, nell’animo.

Il primo porta semplicemente a casa il “compitino” e raramente è disposto a rivedere le proprie posizioni (è decisamente troppo stancante, perbacco! Vorrebbe dire riaprire faldoni, rileggere libri, rimettersi a studiare… oh no!).

Il secondo, invece, sente di doverlo fare perché la notte non riesce a dormire. Perché sa che qualcosa non quadra. Perché intuisce che la verità è ben diversa dalla storiella che continuano a raccontarci certi accademici.

Ma “non basta” … ed è questa la risposta che molti storici tradizionali stanno dando: le prove di Langley “non bastano”, “non sono definitive” a scagionare Riccardo.
Benissimo… e qui arriviamo al punto della questione e permettetemi una domanda molto semplice:

Se con le prove in mano dite che non si può affermare nulla con certezza, come avete potuto per oltre cinque secoli affermare con assoluta certezza che Riccardo III li ha assassinati, senza avere neanche mezza prova?

Senza prove. Zero.
Neppure un appunto marginale, né una lettera, né un diario.
Eppure per secoli, nei testi scolastici e nelle narrazioni ufficiali, Riccardo è stato indicato come il colpevole assoluto.

A Westminster Abbey esiste ancora quella enorme diffamazione su marmo che condanna Riccardo come l’assassino dei suoi nipoti.
Ma con quale diritto storico?

Se ciò che Langley ha trovato non viene ritenuto sufficiente per scagionarlo, allora ancor meno lo è l’assenza totale di prove per accusarlo.

E quindi chiediamolo apertamente: perché quella targa è ancora lì?

Perché non viene rimossa, o almeno corretta, vista la mancanza assoluta di elementi che giustifichino una condanna storica tanto pesante?

Forse Riccardo serve ancora come capro espiatorio comodo. Una figura su cui caricare il peso di un crimine mai dimostrato.

Forse è più facile continuare a credere a una bugia vecchia oltre 500 anni che ammettere che la storia ufficiale, quella insegnata, celebrata, e incisa nel marmo, si sia sbagliata.

Ma la verità è figlia del tempo… e se oggi c’è chi porta documenti, ricevute, testimonianze, analisi, e viene messo in discussione, allora si abbia almeno l’onestà di rimettere in discussione anche l’accusa.

Non chiedo statue, né santificazioni, ma chiedo rispetto per la verità.

E se quella verità è complessa, sfumata, ancora da decifrare, allora nessuno ha il diritto di fingere che sia semplice e risolta. Riccardo III merita una storia che lo giudichi in base ai fatti, non ai pregiudizi.

E noi meritiamo una storia che abbia il coraggio di chiedere scusa quando sbaglia.

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