Ciò che accade, doveva già essere accaduto.

Vi è mai capitato di avere la sensazione di appartenere a qualcosa o a qualcuno in maniera profondissima?
Di aver già visto un oggetto, di conoscere benissimo una persona anche se non l’avete mai davvero conosciuta?
Di avere déjà vu e sensazioni di essere già stati in un posto… di aver già visto quegli occhi, di conoscere bene la voce di qualcuno anche se quel qualcuno non l’avete mai visto, conosciuto, non gli avete mai stretto la mano… non ancora, o forse sarebbe meglio dire… non di nuovo.

Proviamo a riavvolgere il nastro: E se un giorno scoprissimo che qualcosa che crediamo di possedere… non ha mai avuto un’origine?
Che un oggetto, un’idea, o persino una persona, esiste solo perché è sempre esistita, sospesa in un ciclo temporale chiuso?

No, non sono impazzita (anche se qualche livello di esaurimento ce l’ho anch’io in questo momento), ma tutto questo è il cuore del Bootstrap Paradox, noto anche come Paradosso della predestinazione.

Ci troviamo davanti a un concetto affascinante della narrativa e della fisica teorica, in cui causa ed effetto si rincorrono fino a confondersi.

Letteralmente: l’effetto genera la causa, e la causa genera l’effetto. Un loop che non si interrompe mai.
Un cerchio perfetto.

Pensate a questo: un uomo viaggia nel passato con un libro. Lo lascia a qualcuno nel passato, che lo studia e lo pubblica. Quel libro viene tramandato, ristampato, finché, decenni dopo, lo stesso uomo lo ritrova… e lo riporta indietro nel tempo.
Chi ha scritto quel libro? Nessuno. Eppure, esiste.

Questo paradosso mette in crisi la nostra concezione lineare del tempo.
In molte opere di narrativa e fantascienza, è stato usato per esplorare il destino, l’identità e la memoria.
A volte con oggetti. Altre volte con le persone.

Sempre con la sensazione inquietantissima che ciò che sappiamo potrebbe essere solo un’eco di qualcosa che, in realtà, non ha mai avuto un inizio vero e proprio.

Anche nella narrativa storica, questo concetto può assumere forme suggestive.

Pensate a una donna, chiamiamola Elizabeth (un nome a caso, eh), che riceve un oggetto carico di significato da qualcuno che ama.
Un oggetto che lei stessa, in un altro tempo, potrebbe aver consegnato a chi glielo ha donato per primo.
Un cerchio d’amore e destino che si autoalimenta, in cui il tempo stesso diventa personaggio.

Anche la storia reale ci offre riflessioni simili.

Pensiamo alla dinastia dei Tudor: Enrico VII diventa re grazie a una lunga catena di eventi iniziati con la conquista normanna del 1066. Ma cosa sarebbe successo se un piccolo gesto, una donazione, un’eredità, un matrimonio mai avvenuto avesse spezzato quel ciclo?
E se un oggetto simbolico, come una corona o un anello, fosse passato di mano in mano creando un’illusione di predestinazione?

Oppure pensiamo al Sacro Romano Impero: quanti imperatori hanno giustificato il loro potere come discendenza diretta da Carlo Magno, usando sigilli, reliquie, simboli che garantivano una legittimità… anche se spesso senza una vera origine tracciabile?

In questi casi, il potere stesso diventa un paradosso di legittimità: esiste perché è stato trasmesso, ma è stato trasmesso perché si presumeva esistesse già.

E allora viene da chiedersi: e se anche nella nostra vita esistessero eventi, incontri, legami che non hanno origine?

Se alcuni frammenti del nostro presente fossero solo il riflesso di qualcosa che ci stava già aspettando?

Vi è mai capitato di avere la sensazione di appartenere a qualcosa o a qualcuno in maniera profondissima?
Di aver già visto un oggetto, di conoscere benissimo una persona anche se non l’avete mai veramente conosciuta?
Di avere déjà vu e sensazioni di essere già stati in un posto… di aver già visto quegli occhi, di conoscere bene la voce di qualcuno anche se quel qualcuno non l’avete mai visto, conosciuto, non gli avete mai stretto la mano… non ancora, o forse sarebbe meglio dire… non di nuovo.

Ecco, sì. Esattamente così. Ora provate a leggere il post dall’inizio.

Da dove inizia il cerchio? Il finale era l’inizio di questo post, o viceversa?

Forse il tempo non va avanti. Forse, ogni tanto, ci torna addosso.

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